Challenge fantascientifiche e come migliorarsi il pomeriggio

Condizioni della sfida: utilizzare nel proprio testo le parole "Soia", "Stazione Marte 73", "Arrestateli", "Aspro", "Maya e Marvin". Si ringrazia Giulia Bassani per aver condiviso la challenge. Please, have mercy di questo piccolo scazzo nato dalla noia.


“Aspro” borbottò tra sé e sé il professor Hemmerich. Da quando era tornato dal Giappone la settimana prima, il sushi che trovava inscatolato all’università aveva iniziato a disgustarlo. Nemmeno annegando i vari pezzi sotto una cascata di soia era riuscito a nascondere quella intrinseca repulsione. Probabilmente questo era legato al fatto che dopo aver toccato il cielo con un dito, nulla gli sarebbe più parso allo stesso modo. Oppure sarebbe potuto essere legato all’afta che si era beccato dopo un giro per Kabukicho, una leggendaria serata vissuta al ritmo di sigarette senza filtro e whiskey invecchiato con una compagnia più che variegata. Tra le due opzioni, Hemmerich preferì sempre sostenere la prima opzione, forse anche perché incapace di ricordarsi quella notte passata a Tokyo, a differenza di coloro che dovettero poi pulire i bagni del suo tour.

“Professor Hal Hemmerich?” chiese una figura in controluce. “Non lo dica a nessuno, ci tengo alla mia identità segreta” rispose continuando ad inseguire un nigiri che sfrecciava per la scatoletta ripiena di salsa, nemmeno degnandolo di un’occhiata. “Professore, gli Stati Uniti avrebbero bisogno delle sue conoscenze” continuò la figura, quasi non facesse caso che il suo interlocutore assomigliasse a tutto fuorché un professore universitario, una vera e propria celebrità del suo campo. Hemmerich si girò lentamente con il nigiri infilzato su una bacchetta, la soia che colava come sangue di un nemico finalmente abbattuto. L’uomo era gigantesco, praticamente un armadio a due ante in abito blue navy con ancora l’etichetta della lavanderia alla manica. “Lei conoscerà sicuramente il progetto Double M” continuò roboticamente l’uomo, incurante della visibile confusione del professore. “Ma certo, chi non lo conosce?” esclamò Hemmerich alzandosi da posto e facendo qualche passo verso l’uscita. “Però, vede caro legato, io avrei un mezzo impegno con una mia zia, ormai è anziana e suppongo posso morire dall’oggi al do…” e, prima che potesse terminare quella scusa gettata senza alcuna speranza, l’agente si lanciò verso il professore, quasi volesse prenderlo di peso per portarlo via con sé.

Uno scatto fulmineo, dovuto alle numerose ore passate davanti a “Dance Dance Revolution!”, ed eccoli a correre lungo i corridoi dell’università. Né l’uno, né l’altro conoscevano abbastanza il luogo per potersi permettere particolari strategie, sarebbe stata una mera competizione di prestanza fisica. Il vantaggio dell’agente: essere Golia. Il vantaggio del professor Hemmerich: avere un nigiri intriso di salsa su uno stecchino. Corridoio dopo corridoio, lo spazio sembrava quasi contrarsi intorno a loro. Ad ogni passo pareva che gli studenti si moltiplicassero solamente per imbrogliare il passaggio, che tutti i pavimenti fossero stati lavati contemporaneamente e nulla fosse incline a lasciare uno spiraglio di libertà al povero professore. “A sinistra!” gridò all’improvviso una voce. Senza nemmeno rifletterci, Hemmerich si lanciò a sinistra mentre una porta, aprendosi, stendeva a terra l’agente. “Sta bene, professore?”. La voce della salvezza era di una ragazza, forse una sua studentessa. “Dopo il cardio di oggi, direi di sì, grazie mille…” abbozzò l’altro tra un respiro e l’altro.

Sfruttando lo shock dell’inseguitore, i due si nascosero nell’ufficio del professore barricandosi come possibile. Era ormai sera, nulla sembrava più muoversi in giro. La fiammella di un accendino balenò nel buio. “Fumi?” chiese il professore alla ragazza. “No, sono troppo giovane” e, nella sua mente, l’uomo depennò la possibilità di far virare la situazione verso altri lidi: meglio il gorilla che il ferro ai polsi. “Qual è il tuo nome? Credo ti sia dovuto un ringraziamento”. 

“Mi chiamo Maya”

“E tuo fratello ketchup?”

“No, Marvin!”

“Però, i vostri genitori si sono sbizzarriti con le iniziali”

“Hanno avuto modo di rifarsi con gli altri cinque fratelli”

“Quattro fratelli?”

“Già, siamo una famiglia molto numerosa!”

“Perché mai?”

“Beh, mio padre ama molto mia madre”

“Anch’io amo molto le mie sigarette, ma ogni tanto le tolgo dalla bocca, sai com’è…”

“Comunque, perché la cercavano?”

“Sinceramente non ne ho idea. Il Big Jim aveva accennato ad un progetto Double M, ma non ho mai sentito parlare di qualcosa del genere”

“Possibile che sia qualcosa che abbia dimenticato?”

“Nah, ho una memoria di ferro… di norma”

“Sicuro non sia qualcosa tipo segretissimo? Non so, come nei film!”

“L’unica cosa veramente segreta della mia vita è il senso della stessa, Maya”

Un boato interruppe il dialogo e dalla porta apparvero l’agente con al seguito una scorta di colleghi direttamente arrivati dalla giungla. “Arrestateli!” tuonò e tutto si fece scuro.


Passarono giorni e giorni prima che il professor Hal Hemmerich riaprisse gli occhi dal sonno in cui era stato indotto. La stanza che lo circondava era vuota, fuorché per la sua persona, e completamente bianca. Aveva le mani legate dietro la schiena, strette da un cordino di plastica rigida. Il fondo della stanza si aprì rivelando una possibile uscita. “Buonasera, professore” disse raucamente un uomo. Era anziano e zoppicava vistosamente. “Mi dispiace per il trattamento poco delicato, ma non potevamo permetterci di perderla: il progetto la necessita”.

“Così come io necessiterei di non essere incaprettato in una stanza pericolosamente simile a quella delle torture del primo Metal Gear Solid, ma mi rendo conto di chiedere troppo, vero?”

“Il sarcasmo è direttamente proporzionale alla genialità, dicono”

“Così come dicono che i neri abbiano il ritmo nel sangue, i latini siano passionali, i vaccini causano l’autismo ed Hitler, Elvis e Michael Jackson siano vivi da qualche parte vicino all’Argentina”

“Effettivamente ci sono molte informazioni fuorvianti a questo mondo, ma non tutto ciò che pare paccottiglia è paccottiglia: non si giudica un libro dalla sua copertina, no?”

“In rispetto ai grafici, di norma lo faccio: nella scala alimentare della società, si trovano a metà tra gli youtuber ed i musicologi, poveri angeli”

“D’accordo. Lei, ora, si chiederà perché sia qui…”

“In realtà me l’ha detto il suo Big Jim ad inizio storiella ed anche lei, più o meno, poco fa, ma continui pure con il monologo, prego…”

“Gli Stati Uniti sono da anni in lavoro per una colonia, professore: una colonia su Marte”

“Ah, quindi volete andare a colonizzare il pianeta bolscevico in nome dei democraticissimi Stati Uniti d’America! Tutto chiaro adesso, pensavo voleste solo tornare a bombardare paesi Sud Orientali per svago, mea culpa”

“Attualmente lei si trova sulla Stazione Marte 73, il centro operativo dell’operazione. Noi abbiamo bisogno delle sue conoscenze per proseguire e definire in maniera ultima il processo di colonizzazione”

“Cioè, io adesso sarei su una stazione spaziale e non sto levitando? Cos’è ‘sta roba? Fantascienza? Ragazzi, almeno un po’ di realismo, se proprio dovete raccontarmi una balla”

“Mostrate al professore l’esterno, per favore”

La stanza mutò e, quasi fosse trasparente, apparve il vuoto tutt’intorno a loro. In lontananza si vedevano splendere le stelle e sotto, così distante e così gigantesca al contempo, la Terra. “Nessuno ha avuto la premura di chiedermi prima se soffrissi di vertigini, vero?”

“Professore, questa missione ha bisogno di lei. Gli Stati Uniti hanno bisogno di lei. L’umanità ha bisogno di lei”

“Va benissimo, signor sconosciuto, ma c’è un problema fondante”

“Cioè?”

“Io non sono uno scienziato: sono solo un professore universitario di storia contemporanea”

“Non vedo il problema, professore”

“Prego?”

“Lei non è qui per questioni scientifiche. Credo abbia anche già conosciuto la nostra Eva: prego, cara, entra pure…”

Maya entrò nella stanza salutando calorosamente. “Buonasera, professore!”

“Maya, tu cosa ci fai qui?”

“Beh, sono una dei due futuri coloni di Marte: dopotutto, ci sarà bisogno di una nuova progenie sul pianeta rosso, no?”

“Non è un caso, professore. Rifletta: come si chiamava il progetto per cui l’ha contattata il mio agente?”

“Double M… ma io cosa centro? Mi chiamo Hal Hemmerich, non centro nu…”

“Professore, non si preoccupi. Maya, tesoro, hai detto come si chiama tuo fratello al professore?”

“Certo! Gli ho accennato di Marvin!”

“... voi vorreste popolare Marte a partire da un incesto? È una follia!”

“No, professore. Vede, Maya e Marvin non fanno che parte di una serie di esperimenti che hanno portato al raggiungimento dei primi due esseri umani perfetti”

“... quindi loro sarebbero l’avanscoperta dei cinque fratelli successivi, giusto?”

“Esattamente”

“Ed io a cosa vi servo?”

“Ma professore, non è ovvio? A cosa servirebbe mai una così grande impresa, se non ci fosse qualcuno a narrarne la storia?”


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