La verità sul caso Joël Dicker
Parlare della parabola autoriale di Joël Dicker, ad oggi, è una sfida più complessa di quanto non si possa immaginare, tra testi diventati cult della categoria “Bestseller” e grandi dimenticati come “La tigre”. Questa difficoltà nasce soprattutto dalla natura delle opere di Dicker, ovvero libri palesemente partoriti per soddisfare determinate necessità del mercato editoriale, sempre più ossessionato dal concetto di “commerciabilità” rispetto a quello di “autorialità”, ma con una personalità, una leggera firma che in bocca fa pensare al suo autore. Negare la commerciabilità dei testi di Dicker sarebbe come negare che i “Panic! at the Disco” abbiano cessato da anni d’essere i compagni di merende dei “My Chemical Romance”, la band emo per eccellenza. “Gli ultimi giorni dei nostri padri”, “La verità sul caso Harry Quebert”, “L’enigma della stanza 622” sono tutti libri nati con il preciso intento di vendere mostruosamente, senza “se” e senza “ma”, e scalare la china verso quell’olimpo compo...